prima delle misure restrittive emanate dal governo, dopo essermi addormentata di fronte all’ennesima trasmissione televisiva sul coronavirus, faccio questo sogno:
Sto camminando in una strada a me ben nota , vicina, ma non vicinissima alla mia abitazione.
Ad un tratto mi rendo conto che, improvvisamente, non c’è più nessuno: negozi chiusi, bar chiusi, nessun pedone, nessuna automobile.
Anzi no, un’auto sbuca dal nulla a tutta velocità e contromano. La sua è una corsa forsennata di un conducente in preda al panico.
Mi rendo conto di essermi persa qualcosa. Dove stanno andando tutti, da cosa fuggono? Sembra che il pericolo invisibile di nome Covid-19 di cui ero ben consapevole anche nel sogno, si sia trasformato in una invasione aliena, un attacco missilistico, un mostro gigante. Ma io non so dove fuggire e da cosa fuggire. Le immagini sfumano, la situazione si fa più confusa e gli eventi successivi non sono più in grado di narrarli.
Erano decenni che non facevo più un sogno del genere così carico di angoscia. Quell’immagine di me sola per la strada ha il sapore dei miei sogni infantili, quelli di una bambina allegra di giorno ma terrorizzata di notte e capace di oniriche sceneggiature degne dei migliori adattamenti cinematografici dei romanzi di Stephen King.
A pensarci bene noto una differenza rilevante con i sogni infantili: in questi ultimi ero io ad essere consapevole del pericolo, sapevo da cosa bisognava fuggire e avvisavo, senza successo le persone a me vicine pregandole di darmi ascolto e di andare via.
Nel sogno attuale invece sono io a non sapere, a non rendermi conto e ciò che veramente mi fa paura è la reazione delle persone.
E infatti è proprio alle nostre reazioni che dobbiamo prestare molta attenzione.
Al di là del pericolo reale e delle indicazioni fornite dalle autorità competenti, esiste la nostra personale interpretazione dei fatti che ci porta spesso a sottovalutare o sopravvalutare il problema, due errori ugualmente pericolosi.
Dovremmo affidare la gestione di questo momento così critico ad una parte di noi adulta e responsabile che sia in grado di tutelare noi stessi e l’intera collettività nel migliore dei modi. Si tratta di una parte che dobbiamo aiutare ad emergere e che dovremmo far prevalere rispetto ad altre molto più attive e più facilmente a portata di mano. Queste ultime si possono dividere in 4 grandi categorie:
Il superansioso, il bambino irresponsabile, il negazionista e il rigido brontolone.
Il superansioso passa la maggior parte del suo tempo a recuperare notizie dalla televisione, dai giornali o dai social. Questo comportamento di sovraesposizione mediatica purtroppo attiva in lui uno stato di allarme psicologico permanente che produce una amplificazione del rischio percepito.
Il superansioso finisce per entrare in una spirale pericolosa fatta di ansia, pensieri negativi e panico che lo rende incapace di affrontare la situazione e lo porta ad adottare misure protettive esasperate se non addirittura dannose. Pensiamo ad esempio alle file nei supermercati dopo il discorso del Presidente del Consiglio che dichiarava l’intera Italia zona rossa. Con buone probabilità non avremo nessuna emergenza a livello di approvvigionamenti ma, quell’ammasso di persone avrà favorito la diffusione del virus.
Il bambino irresponsabile è colui che non riesce a seguire nessuna delle regole che ci invitano a rispettare, pensa solo al suo personale tornaconto, fa difficoltà a cambiare le sue abitudini, a rinunziare ai suoi piaceri ed è incapace di prendere in considerazione le conseguenze delle sue azioni. I bambini irresponsabili li abbiamo visti all’opera in tanti modi diversi nei giorni passati: quando sono fuggiti dal nord, alcuni senza reale necessità, ma solo perché dovevano tornare da mammà, negli assembramenti di ragazzi con la loro movida dai Navigli a Pozzuoli, fino alla festa organizzata dalla neo senatrice della lega.
Il negazionista è colui che sottovaluta il problema o addirittura quasi lo nega. Sai quante morti fa ogni anno l’influenza, sai quanti ne muoiono di polmonite? E’ una manovra per attaccare l’economia, è un complotto organizzato dai produttori di mascherine, ma veramente state a credere a tutte queste cose?
Il rigido brontolone è colui che passa la maggior parte del suo tempo a condannare i comportamenti del superansioso, del bambino ribelle e del negazionista ma, a parte la critica, non apporta nessun elemento costruttivo per affrontare la situazione.
Queste parti possono tutte convivere in modo alternato e sfumato nello stesso individuo oppure una di loro può prevalere in una persona che si identifica con una di queste quasi esclusivamente.
Né il superansioso, né il bambino ribelle, né il negazionista e neppure il rigido brontolone sono in grado di affrontare la situazione. Abbiamo tutti la necessità di imparare a far emergere una istanza che sappia prendere le distanze da ognuna di queste voci interiori ponendosi in un ottica di cura di se stessi e degli altri, di guida, di sano confronto con il reale e di assunzione di responsabilità.
Per facilitare questa operazione immaginiamo cosa ci direbbe una persona che conosciamo a cui attribuiamo particolari doti di saggezza e di maturità.
Ognuno nella vita dovrebbe lavorare interiormente per poter crescere e diventare un adulto. Qualcuno ci riesce, molti non ci riescono affatto, in tanti interpretano la parte dell’adulto facendo sfoggio di caratteristiche come la serietà, l’intransigenza, l'autoritarismo.
Nella poetica “Canzone dei vecchi amanti” Jacques Brel scrive nei suoi bellissimi versi “c’è voluto del talento per riuscire ad invecchiare senza diventare adulti”. Forse non è proprio così: è molto facile invecchiare senza diventare adulti, il vero talento è riuscire a farlo.
Oggi siamo costretti a crescere perché se non lo facessimo potrebbe essere una catastrofe.
- Abbiamo bisogno di imparare a prenderci cura di noi stessi e degli altri, ad assumerci le nostre responsabilità, a collaborare, a sentire che facciamo parte di una comunità e che la solidarietà può salvarci.
- Abbiamo bisogno di adattarci ogni giorno ad una situazione che cambia vorticosamente facendo appello alla resilienza, provando a trasformare in ogni momento la nostra vita in modo creativo cogliendo le opportunità piuttosto che gli impedimenti.
- Abbiamo bisogno di abbandonare la fanciullesca sensazione, tipica del nostro tempo, che possiamo tenere tutto sotto controllo. Quella sensazione che, in cambio dell’illusione che nulla ci sfugge e che la morte è un fatale errore di un sistema altrimenti perfetto, ha fatto si che l’ansia regnasse sovrana nelle nostre vite e che ci trasformasse in allarmate sentinelle perennemente appostate in posizione di avvistamento.
- Abbiamo bisogno di imparare a non sprecare perché siamo consapevoli che meno andiamo in situazioni di esposizione come il supermercato, minori saranno le probabilità di ammalarci.
- Abbiamo bisogno di imparare a seguire delle regole, a rispettarle perché gli inganni trovati alle leggi fatte, avranno conseguenze pesanti e ognuno di noi potrebbe pagarne un prezzo.
- Abbiamo bisogno di imparare a gestire il nostro tempo, gli spazi comuni, magari un po’ più affollati del solito perché in famiglia restiamo tutti a casa, o piuttosto ad affrontare la solitudine di solito mascherata dalle mille attività giornaliere.
- Abbiamo bisogno di cambiare il modo di vedere e di pensare. Il nero che vediamo per strada non è oggi più pericoloso del bianco, le donne non sono più portatrici di infezione degli uomini, le persone di religione diversa non hanno più probabilità di infettarci, gli animali non sono pericolosi.
Cambiano le frontiere della paura e della discriminazione.
Forse quando tutto questo sarà finito potremmo sperimentare nuove e insperate fratellanze.
Chiara Catapano
Psicologa e psicoterapeuta
Associazione Oltre la tenda. Uno spazio per crescere
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