Lungi dal voler proporre l’ennesimo articolo in cui fornire consigli su piattaforme e sulla didattica online (di cui allego comunque dei riferimenti e link per tutorial) penso sia fondamentale ragionare su un aspetto ugualmente importante della scuola che, forse, stiamo dimenticando o sottovalutando.
La scuola in remoto non può essere solo didattica online. Dobbiamo ripensare a La Scuola, scuola intesa come luogo di Relazioni, come Istituzione Educativa e Pedagogica oltre che d’Istruzione.
In questo momento la scuola appare claudicante, indecisa, inesperta su come muoversi e poco compatta. Gli insegnanti si stanno davvero rimboccando le maniche per continuare a fare in modo efficace il proprio mestiere e continuare con la programmazione. Tramite la Solidarietà Digitale, sono stati messi a disposizione diversi dispositivi e diverse tecnologie. Ma basta?
Purtroppo no. Gli insegnanti si sentono spesso stanchi, frustrati e oberati, in una sfida più grande di loro. I ragazzi, spesso disorientati da questi eventi, sono scettici e oppositivi e i genitori si chiedono quanto gli insegnanti stiano facendo per i loro figli, sono preoccupati per il prosieguo dell’anno scolastico. È un caos silenzioso, senza alleanze, senza confronti tra i diretti interessati. Sono tanti i gruppi di insegnanti che condividono dubbi, esperienze e materiali didattici, ma c’è un reale confronto tra tutte le parti?
Come docenti, sappiamo che il contesto influenza profondamente la nostra azione didattica, ci fa stabilire delle priorità nella programmazione e nell’offerta formativa. Ora che il contesto è prevalentemente digitale, ora che viviamo questa emergenza, è fondamentale riprogrammare l’azione educativa e didattica tenendo conto di molti e diversi fattori.
In primo luogo della grande difficoltà dei ragazzi: non è semplice per loro stare chiusi in casa, rinunciare alla propria socialità, alla propria libertà e alla propria privacy. Hanno molti meno spazi per esprimersi, per differenziarsi rispetto agli adulti. Spesso si ribellano boicottando le lezioni online un po’ perché sono ragazzi e ci provano comunque, un po’ perché questo rappresenta un modo per esprimere tutta la loro frustrazione. Inoltre alcuni di loro non hanno dei supporti tecnologici adatti alla didattica in remoto e potrebbero sentirsi ancora più isolati ed emarginati. Molti altri sono avviliti e preoccupati, altri ancora arrabbiati perché stanno perdendo il loro ultimo anno al liceo, perché non possono vedere il fidanzatino o la fidanzatina, perché non possono stare con i loro amici. Umberto Galimberti parla spesso di nichilismo giovanile: la società di oggi appare ai ragazzi senza speranza, dove ogni sforzo è inutile e per cui non vale la pena rimboccarsi le maniche. Beh, immaginiamo come deve apparire loro ora, dalla finestra delle loro stanze.
In secondo luogo la difficoltà di noi docenti, persone e individui preoccupati per le nostre vite e i nostri affetti costretti a reinventare il nostro modo di lavorare. Per molti di noi non è semplice fare lezione online. Alcuni possono essere giustamente disorientati, altri semplicemente inesperti nell’usare tecnologie che diventano un ulteriore ostacolo al vero contatto umano che rende meraviglioso il nostro mestiere.
In terzo luogo i genitori, e penso soprattutto a quelli che hanno bambini piccoli o figli con bisogni educativi speciali, avviliti rispetto alla situazione e non sempre in grado di seguirli e aiutarli.
«Si naviga a vista», ci sentiamo dire spesso, dunque facciamolo nel miglior modo possibile: facciamolo seguendo il metodo Ricerca-Azione, individuando le priorità, le strategie per la risoluzione di problemi e verificando se queste funzionino o no.
È fondamentale stabilire nuove priorità, nuove parole chiave a seconda dei contesti. È inutile aggrapparsi a quello che stavamo facendo prima della quarantena, al nostro vecchio modo di lavorare. Cogliamo questa opportunità per mettere in marcia il programma di digitalizzazione della scuola e per rafforzare l’alleanza tra docenti e famiglie, tra docenti e allievi. Cogliamo questa opportunità per svecchiare la scuola, per cambiarla, per lustrarla con un’insolita spugna.
Oggi più che mai il coronavirus ci ricorda che è importantissimo che la comunità educante debba essere più collaborativa, più integrata, più compatta.
Questo non significa che i genitori debbano metter bocca nel lavoro dei professionisti, ma significa renderli partecipi, rassicurarli o metterli in guardia. Questo microrganismo ci spinge, nell’isolamento, a unirci. Facciamolo come educatori, tutti, e facciamolo per i nostri ragazzi e i nostri bambini, che sono e devono restare una priorità.
Dei suggerimenti potrebbero essere:
- Riprogrammare. È impossibile fare quanto previsto nella programmazione di inizio anno. Lo è in tempi di pace, figuriamoci durante una pandemia! Scegliamo contenuti e argomenti essenziali, che possano aiutare concretamente i ragazzi a capire meglio quanto sta avvenendo nelle loro vite. Possiamo scegliere delle tematiche trasversali a tutte le materie, o almeno a quelle umanistiche, e svilupparle d’accordo con tutto il collegio docenti.
- Informiamo i genitori di queste scelte e delle motivazioni sottese. Aprire un dialogo con loro è importante, li rassicurerà e li renderà partecipi e più consapevoli del progetto educativo che vede al centro i loro figli.
- Utilizziamo le risorse della flipped classroom. Ci sono tantissime videolezioni tenute da altri docenti da poter inviare ai nostri ragazzi e che loro possono vedere quando meglio credono, in autonomia, quante volte vogliono. Se non troviamo le spiegazioni degli argomenti che ci interessano, possiamo pensare di registrarci mentre gliele spieghiamo per poi utilizzare le piattaforme o i meeting live per confronti, per parlare con loro.
- Se si hanno classi numerose potrebbe essere una buona idea dividerli in gruppi, per dare maggiore qualità all’incontro.
- Incoraggiamo l’espressione dei ragazzi, i loro racconti, gli scambi, e cerchiamo di sensibilizzare a questo anche le loro famiglie. Cerchiamo di monitorare l’umore, lo stato d’animo, sproniamoli a restare positivi e a creare una loro quotidianità costruttiva, fatta di impegni e non solo videogiochi. Assegnare dei video a piccoli gruppetti e dire a loro di spiegarlo al resto dei compagni potrebbe essere un modo per farli studiare insieme o, perché no, utilizzare Edmodo o Classroom come una sorta di diario di classe della quarantena, in cui postare foto, commenti e pensieri “dalla prigionia”.
- Rendiamoci disponibili a colloqui privati quando ci rendiamo conto che non stanno bene. Spesso i ragazzi sono disorientati, diamo loro tempo, ascoltiamoli, come genitori e come docenti.
- Dedichiamo, come docenti, tempo a dare chiare istruzioni sulla buona educazione online, e chiediamo l’appoggio dei genitori per farla rispettare. Di seguito ne offro alcuni esempi, ma chiaramente queste regole possono e devono essere stilate con le proprie classi, a seconda delle esigenze.
- Collegarsi in orario, eventualmente anche 10 minuti in anticipo per risolvere eventuali piccoli problemi; è importantissimo e per niente scontato. Chi non è abituato alle lezioni e agli appuntamenti online pensa spesso che due minuti non siano nulla, e invece i tempi sono molto molto diversi ed è davvero buona educazione essere precisi, specialmente quando aspetta una classe intera!
- Non spegnere e accendere in continuazione il microfono e la webcam. Distrae chi sta parlando, perché pensa che non viene ascoltato.
- Trovare un posto tranquillo e magari utilizzare cuffiette può aiutare e restare concentrati.
- Saper ascoltare e chiedere la parola. Trovare un modo per non accavallarci nel parlare è importante.
- Inviare i documenti solo attraverso un canale e non mille! Se si usa una piattaforma, non è consigliabile usare email e gruppi WhatsApp, perché altrimenti i file si perdono e diventa difficile gestirli.
Facciamo al meglio quello che possiamo, con quello che abbiamo nel posto in cui siamo, parafrasando Roosevelt, ma facciamolo in modo più consapevole e presente rispetto alle reali esigenze educative.
Serena Giorgio Marrano - Insegnante e Counselor della Gestalt
Associazione Oltre la tenda. Uno spazio per crescere
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